Beni Culturali
La nozione di “bene culturale” è desumibile dall’art. 2, co. 2, e dagli artt. 10 e 11 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004).
In base all’art. 2, co. 2, sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli artt. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
In particolare, l’art. 10 individua le categorie di beni culturali, ossia delle cose assoggettate alle disposizioni di tutela contenute nel Titolo I della Parte seconda dello stesso Codice, tra le quali sono ricomprese, in particolare, misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l’altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione), misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi), nonché misure relative alla circolazione dei beni (artt. 53 e ss.), nel cui ambito rientrano anche le quelle concernenti i beni inalienabili.
Tra le categorie di cui all’art. 10 rientra, anzitutto, quella dei beni culturali ex lege che, in quanto tali, non necessitano di alcun tipo di accertamento (co. 2).
Vi sono, poi, la categoria dei beni culturali appartenenti a soggetti pubblici (o a persone giuridiche private senza fine di lucro) (co. 1 e 4), che divengono tali solo a seguito della verifica dell’interesse culturale di cui all’art. 12, e quella dei beni culturali appartenenti a privati, o a chiunque appartenenti (co. 3 e 4), che diventano tali solo a seguito della dichiarazione di interesse culturale di cui all’art. 13.
L’art. 11 individua, invece, i beni oggetto solo di specifiche disposizioni di tutela, indicate di volta in volta.
Beni culturali ex lege
L’art. 10, co. 2, considera beni culturali, ex lege, qualora appartenenti a soggetti pubblici (cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico):
a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi;
b) gli archivi e i singoli documenti;
c) le raccolte librarie delle biblioteche (escluse le raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche popolari, delle biblioteche del contadino nelle zone di riforma, dei centri bibliotecari di educazione permanente).
Tali beni rimangono sottoposti a tutela anche qualora i soggetti cui essi appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica (art. 13, co. 2).
Beni culturali appartenenti a soggetti pubblici o a persone giuridiche private senza fine di lucro
Ai sensi dell’art. 10, co. 1, sono beni culturali (immobili e mobili) appartenenti ai medesimi soggetti pubblici indicati al co. 2, nonché a persone giuridiche private senza fine di lucro, compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (c.d. interesse semplice): si tratta, cioè, delle cose per le quali sia intervenuta la verifica dell’interesse culturale.
In particolare, in base al co. 4, possono essere riconosciuti quali beni culturali:
a) cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
b) cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio;
c) manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, nonché libri, stampe e incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio;
d) carte geografiche e spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio;
e) fotografie, con relativi negativi e matrici, pellicole cinematografiche e supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio;
f) ville, parchi e giardini che abbiano interesse artistico o storico;
g) pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;
h) siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;
i) navi e galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico;
j) architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale.
Peraltro, in base all’art. 12, co. 1 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 175, lett. c), della L. 124/2017 – le stesse cose indicate all’art. 10, co. 1, opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre 70 anni, sono sottoposte alle disposizioni di tutela – e per esse, quindi, vige la presunzione di interesse culturale – fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica.
Parallelamente, dunque, in base all’art. 10, co. 5 – come modificato, da ultimo dall’art. 1, co. 175, lett. a), n. 2), della stessa L. 124/2017 – le medesime cose, qualora siano opera di autore vivente e la cui esecuzione risalga a meno di 70 anni, non sono soggette alle disposizioni di tutela (e, dunque, non possono essere sottoposte a verifica dell’interesse culturale).
La verifica dell’interesse culturale, disciplinata dallo stesso art. 12, è effettuata, d’ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del MIC.
In caso di accertamento positivo dell’interesse culturale (c.d. vincolo) i beni sono (definitivamente) soggetti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall’applicazione della disciplina richiamata.
Beni culturali appartenenti a privati o a chiunque appartenenti
L’art. 10, co. 3, individua altri beni che sono considerati beni culturali a causa dell’interesse particolarmente importante o eccezionale che rivestono (c.d. interesse qualificato), a seguito dell’intervento della dichiarazione di interesse culturale.
Si tratta, in particolare, di:
a) cose immobili e mobili (tra quelle individuate dall’art. 10, co. 4) che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli elencati all’art. 10, co. 1 (Stato, regioni, altri enti pubblici territoriali, altri enti ed istituti pubblici, persone giuridiche private senza fine di lucro, compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti) e, dunque, a persone fisiche o a persone giuridiche private con fine di lucro;
b) archivi e singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante;
c) raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
d) cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose. Se tali cose rivestono altresì un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale, la dichiarazione di interesse culturale può comprendere, anche su istanza di uno o più comuni o della regione, la dichiarazione di monumento nazionale.
d-bis) cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione.
Tale nuova categoria è stata inserita nel Codice con l’art. 1, co. 175, lett. a), n. 1, della L. 124/2017;
e) collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano come complesso un eccezionale interesse.
Peraltro, in base all’art. 10, co. 5 – come sostituito dall’art. 1, co. 175, lett. a), n. 2), della L. 124/2017 – le cose indicate all’art. 10, co. 3, lett. a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione risalga a meno di 70 anni, nonché le cose indicate all’art. 10, co. 3, lett. d-bis), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione risalga a meno di 50 anni, non sono soggette alle disposizioni di tutela (e, dunque, non possono essere oggetto di dichiarazione di interesse culturale).
In base all’art. 13, co. 1, la dichiarazione di interesse culturale accerta la sussistenza dell’interesse (particolarmente importante o eccezionale) richiesto dall’art. 10, co. 3, al fine di sottoporre il bene ai “vincoli” di tutela.
In base all’art. 14 – come modificato da ultimo dall’art. 1, co. 175, lett. d), della L. 124/2017 –, il procedimento per la dichiarazione di interesse culturale è avviato dal soprintendente, anche su motivata richiesta della regione o di ogni altro ente territoriale interessato.
Per i beni di cui al co. 3, lett. d-bis) la dichiarazione di interesse culturale è adottata dal competente organo centrale del Ministero. Per gli altri beni, il generico riferimento al Ministero presente nell’art. 14 è stato esplicitato dall’art. 39, co. 2, lett. b), del già citato DPCM 171/2014, che ha affidato tale compito alla Commissione regionale per il patrimonio culturale.
La dichiarazione è notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto (art. 15).
Categorie di beni assoggettati a specifiche disposizioni di tutela
L’art. 11 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 175, lett. b) e g), n. 3), della L. 124/2017 – stabilisce che taluni beni (salva la verifica o la dichiarazione di interesse culturale) sono soggetti (solo) a specifiche disposizioni di tutela, puntualmente individuate.
In particolare:
- è vietato, senza l’autorizzazione del soprintendente, disporre ed eseguire il distacco di affreschi, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli ed altri elementi decorativi di edifici, esposti o non alla pubblica vista (art. 50, co. 1), nonché il distacco di stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli e la rimozione di cippi e monumenti, costituenti vestigia della Prima guerra mondiale (art. 50, co. 2);
- è vietato modificare la destinazione d’uso degli studi d’artista rispondenti alla tradizionale tipologia a lucernario e adibiti a tale funzione da almeno 20 anni, nonché (indipendentemente dalla tipologia e dal termine indicato) rimuoverne il contenuto, costituito da opere, documenti, cimeli e simili, qualora esso, considerato nel suo insieme ed in relazione al contesto in cui è inserito, sia dichiarato di interesse particolarmente importante per il suo valore storico, ai sensi dell’art. 13 (art. 51);
- è vietato o sottoposto a condizioni particolari l’esercizio del commercio nelle aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico di valore culturale individuate dai comuni, sentito il soprintendente (art. 52, co. 1);
- vi è l’obbligo, per chiunque esercita l’attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica e di qualsiasi oggetto d’arte di autore vivente o la cui esecuzione risalga a meno di 70 anni, di consegnare all’acquirente la documentazione che ne attesti l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza (o, in mancanza, di rilasciare una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull’autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza) (art. 64). L’uscita di tali opere non è soggetta ad autorizzazione, ma l’interessato ha l’onere di comprovare al competente ufficio di esportazione che ricorrano le condizioni previste, secondo le procedure e con le modalità stabilite con decreto ministeriale (art. 65, co. 4 e 4-bis);
- il Ministero può concedere contributi in conto interessi sui mutui o altre forme di finanziamento accordati da istituti di credito, per la realizzazione degli interventi conservativi autorizzati, ai proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di opere dell’architettura contemporanea di particolare valore artistico riconosciuto dallo stesso Ministero (art. 37).
Ultimo aggiornamento
24 Giugno 2022, 11:19